giovedì 22 agosto 2013

Monitorare la risposta produttiva della coltura


La registrazione di dati sul modo in cui ha risposto la pianta in termini produttivi risulta agevole oramai con la maggior parte delle macchine da raccolta, costituendo un’interessante opportunità per l’azienda agricola che può così quantificare in maniera oggettiva quanto ha prodotto la coltura nei diversi appezzamenti e nelle singole porzioni di ognuno di questi.

A fronte di tale evoluzione tecnica, però, non sempre si accompagna un soddisfacente interesse da parte dell’azienda fondamentalmente per due motivi:
il primo è che l’operatore non ha mai avuto a disposizione questo strumento e quindi persegue nella convinzione di poterne fare a meno, certo di poter contare sull’esperienza maturata negli anni e sulle informazioni raccolte nelle diverse stagioni. In realtà questo strumento non va a sostituire il ruolo dell’operatore, ma va ad integrare in maniera oggettiva le conoscenze e i riscontri delle stagioni precedenti, e proprio per questo risulta molto interessante per poter puntare a ottenere il massimo risultato da ogni appezzamento coltivato;
il secondo, non meno importante, è legato alla confidenza dell’operatore con sistemi di registrazione, dati e software di analisi: il tutto si è spesso risolto con la stampa dei dati grezzi per una loro consultazione a posteriori, risultata poi poco utile in quanto non rappresentativa spesso delle condizioni presenti in campo.

A fronte di un interesse che sta crescendo nei confronti dell’argomento, è bene sottolineare un aspetto molto importante: se la possibilità di avere a disposizione dei dati su come producono gli appezzamenti è un’opportunità per tutte le aziende, non è altrettanto facile che tutte le aziende possano arrivare a utilizzare le informazioni contenute nei dati raccolti in campo.
Giusto per fare un esempio: i dati registrati possono contenere degli errori, vanno quindi puliti, vanno poi comparati a quelli degli altri appezzamenti e vanno interpretati per poter ricavarne le informazioni necessarie a gestire nel modo migliore le differenze che si presentano in una mappa di produzione. Ma queste operazioni vengono compiute una volta l’anno, dopo la raccolta, e quindi per quanto potente e affidabile possa essere il software con cui vengono realizzate, spesso è facile dimenticare i passaggi da eseguire o il percorso completo per arrivare a dei dati attendibili su cui fare dei ragionamenti. E proprio questo, a volte, scoraggia l’operatore, anche a causa di un approccio troppo semplicistico o poco preparato da parte di chi affianca l’azienda o da anni parla di questi argomenti senza averne piena e adeguata conoscenza: tutto ciò, infatti, ha portato a una diminuzione del valore delle mappe di produzione, che è bene precisare in maniera chiara non servono né per capire se il campo produce di più o di meno, dato che questa informazione è già conosciuta dall’azienda, né se ci sono delle differenze di produzione, perché nel 90% dei casi la risposta produttiva di un appezzamento non è mai omogenea al suo interno, quale che sia la coltura.

Una mappa di produzione serve invece per definire la reale potenzialità produttiva di un appezzamento, così da adeguare a questa l’impiego di mezzi tecnici: alle informazioni che in essa sono contenute si devono perciò aggiungere i dati sulle proprietà del terreno, oltre che quelli relativi alla capacità produttiva dell’ibrido o della varietà coltivati.
Solo in questo modo le informazioni raccolte nel corso degli anni possono essere veramente di aiuto all’azienda agricola per rendere ancora più preciso il modo in cui vengono coltivati i singoli appezzamenti, rispetto a quanto l’azienda non sappia già fare a partire dai dati di resa media, che però appiattiscono e nascono delle differenze la cui gestione è spesso conveniente dal punto di vista economico.

Dal punto di vista pratico, al fine di poter arrivare a completare l’intero percorso della mappatura, è bene cominciare con il raccogliere dei dati realistici e attendibili già dal campo, tenendo a mente quattro regole fondamentali.
1 I sensori sono oggi in grado di eseguire delle misure molto precise, ma è necessario avere cura del loro stato e quindi verificarne l’usura: un esempio molto diffuso è dato dalle piastre di lettura del sensore di quantità di prodotto raccolto, che va tenuta sotto controllo così da evitare delle letture troppo discordi rispetto al peso reale. Spesso, infatti, l’operatore non riuscendo ad allineare i due valori tralascia questo accorgimento registrando dei dati non coerenti con la situazione in campo, anche se i realtà è proprio lo stato del sensore la causa del malfunzionamento.
2 Spesso le condizioni in cui si raccoglie il prodotto sono soggette a variazioni non previste, legate spesso al prodotto allettato (es. grano o riso) o a differenti stadi di maturazione (es. soia) all’interno dello stesso appezzamento: per evitare di registrare dati poco attendibili è sufficiente correggere il modo in cui il sensore esegue le misurazioni, cosa che oggi si può fare comodamente interagendo con il monitor in cabina, senza interrompere il lavoro.
3 Per i sistemi volumetrici, che necessitano del peso specifico della granella per la stima della quantità raccolta, è bene ripetere la misura di questo parametro almeno a ogni cambio di varietà raccolta o quando le condizioni del campo risultano visibilmente differenti, così da garantire dei dati confrontabili poi con quelli reali misurati alla pesa o al centro di raccolta.
4 Qualsiasi sistema stima la quantità a partire dall’area raccolta, che a sua volta dipende dalla larghezza della barra: se questa varia, allora anche il dato può risultare più o meno falsato, in quanto il prodotto pesato non viene riferito alla corretta superficie. Questo problema, che nel caso delle macchine da raccolta di nuova generazione viene risolto in automatico dal sistema grazie alla capacità di riconoscere in ogni momento la posizione della macchina rispetto alla passata che l’operatore sta compiendo, può essere facilmente evitato anche nei sistemi meno recenti agendo semplicemente sul tasto apposito durante la raccolta: tale operazione, che non comporta alcuna perdita di tempo per l’operatore è in grado di preservare la qualità del dato registrato.