giovedì 5 aprile 2012

Prima ristampa del libro dell’anniversario di Terremerse


Per un’impresa compiere cento anni non è mai una cosa banale. Le regole dell’economia e del mercato sono spesso spietate, per cui il nostro tessuto economico è caratterizzato da una grande natalità e da un’altrettanto importante mortalità societaria.
«Quando poco più di un anno fa ho avuto l’incarico professionale di studiare e raccontare la storia di Terremerse e delle sue radici – e cioè il percorso delle tante imprese che l’hanno costituita o irrobustita confluendo successivamente in essa – non immaginavo che mi sarei trovato di fronte ad un mosaico così articolato e complesso, e dunque stimolante e avvincente», illustra di Tito Menzani – professore dell’ Università di Bologna, Dipartimento di Scienze Economiche, autore del volume “Cent’anni di trasformazioni. Le radici di Terremerse nella storia della cooperazione agroalimentare ravennate, ferrarese e imolese (1911-2011)”. «Come spiego nel libro recentemente uscito, e già alla seconda ristampa dal momento che la prima edizione del dicembre 2011 è già stata esaurita, si tratta di una serie di tragitti imprenditoriali variamente intrecciati, attraverso i quali è possibile cogliere un ampio spettro di suggestioni di storia del Novecento: dall’epopea bracciantile al parallelo associazionismo contadino, dai primi passi dell’agroalimentare alla meccanizzazione delle campagne, dalle innovazioni agronomiche all’internazionalizzazione del mercato ortofrutticolo»
Dagli archivi aziendali e dalla documentazione in essi contenuta emergono in chiaroscuro i protagonisti di una storia fatta di sfide, di passione, di dedizione al lavoro, di grandi discussioni, ma anche, per non dire soprattutto, di successi.
I coltivatori che nella prima metà del XX secolo costituirono varie cooperative contadine locali per le agroforniture e altri servizi ebbero un ruolo certamente pionieristico. A Massa Lombarda, a Conselice, a Bagnacavallo e in tante altre località emiliano romagnole furono gettati i semi di una cultura imprenditoriale collettiva – la cooperativa agricola – che è poi germogliata ed è stata rafforzata da altre esperienze, e che ci consegna oggi, a un secolo di distanza da quegli esordi, una società come Terremerse.
«Da questo punto di vista, quindi, è una storia fatta dalle persone per le persone stesse, perché nella cooperativa le risultanze di bilancio non si privatizzano, ma vengono reinvestite nell’impresa, a formare un patrimonio che resta sul territorio a disposizione delle generazioni future – prosegue il Prof. Menzani -  Per questo si suole dire che i “proprietari” di Terremerse sono innanzi tutto i soci, ma con loro anche i soci di domani che si ritroveranno a disposizione una cooperativa moderna e funzionale, che a loro volta irrobustiranno e preserveranno a beneficio di chi verrà dopo di loro».
La cooperazione agroalimentare ravennate, ferrarese e imolese ha un presente e un passato fatto di grandi legami sociali, in cui la fiducia reciproca è un ingrediente imprescindibile. Il rapporto tra agricoltore e agricoltore, tra bracciante e mezzadro, tra comunità e comunità, tra dirigenti delle cooperative e base sociale si è via via declinato all’insegna di una lealtà di fondo, che è poi maturata in una visione imprenditoriale comune, per tutelare i redditi del lavoro agricolo e aggirare le intermediazioni speculative.
Naturalmente non è stato tutto rose e fiori. I momenti di difficoltà non sono stati pochi e hanno dato conto del fatto che nulla è scontato e che le imprese – anche le cooperative – sono fatte da uomini e donne, e come tali sono sensibili del loro operato prima ancora che delle regole del mercato. In questo senso, la fiducia reciproca è stata fondamentale proprio per superare i vari problemi, perché come diceva Winston Churchill: «il pessimista vede una difficoltà in ogni opportunità, mentre l’ottimista vede un’opportunità in ogni difficoltà».